Cultura

Il canto delle Sirene. Il mistero della voce!

Divenendo adulti, la capacità di un bambino di leggere la realtà cambia quanto la sua immaginazione. Scopre che non esistono soltanto le parole, che la voce è parte del contenuto e deve imparare a gestirla, a controllare quella parte di senso. La voce infatti aggiunge alle parole altro significato e grazie alla sua storia, alla sua unicità, a volte anche grazie alle sue imprecisioni, il testo si arricchisce. È necessario aprire «le porte della percezione», aprire il cuore, per ascoltare il vero incanto di una voce, poiché essa non si ascolta soltanto per mezzo dell’udito, ma si “sente”: la voce di chi canta a volte incanta.

Il canto pericoloso delle sirene

il canto e la voce delle sireneLa voce può sedurre, come accade con la voce delle Sirene. Circe mette in guardia Ulisse dalla loro voce. Avere cera nelle orecchie è l’unico modo per passare indenni: rimanere sordi alla bellezza permette di restare indifferenti alla magia. I soldati di Ulisse hanno cera nelle orecchie, ma non lui, egli si fa legare senza cera, per godere di quel canto, per non privarsi di quel piacere, di quella conoscenza. Ascoltare una voce può essere piacevole, ma ogni piacere è pericoloso, poiché lavora su una parte profonda e nuda dell’essere umano. Il canto delle Sirene, attraverso la propria ambiguità, si muove così anche nella sfera dell’erotico, del piacere, della seduzione, cioè del “condurre a sé”

Il canto della musa e l’incantesimo

Anche il canto della Musa guida a sé quanto quello delle Sirene. Soltanto il poeta può udirlo, egli «si fa da tramite» per trasmettere ciò che ha “ascoltato” Ulisse. Omero «non racconta quello che ha visto, egli è cieco, bensì quello che la Musa gli ha raccontato» . Grazie alla Musa, «il poeta cieco “vede” e fa “vedere” agli ascoltatori la storia di cui racconta. […] Il canto poetico suscita visioni». La sfera dell’acustico si lega a quella del visivo. Non si viene forse trasportati in altri luoghi, alla lettura di certi versi, all’ascolto di certi canti? Artaud propone di «considerare il linguaggio sotto forma di Incantesimo» , per ritrovare «l’accezione religiosa e mistica di cui il nostro teatro ha smarrito completamente il senso». È un tentativo per salvare o ritrovare il meraviglioso nell’arte, consapevoli di quel bisogno nel quotidiano.

L’uomo è assetato di meraviglioso?

la voce meravigliosaL’uomo è assetato di meraviglioso, quel meraviglioso che ognuno ha dovuto abbandonare nella propria infanzia e che ha necessità di ritrovare nel resto della vita. Al bisogno di meravigliarsi si risponde con ogni mezzo poiché la realtà quotidiana spesso non ci basta. Per raggiungere un desiderio ci si affida anche alla sfera del magico: la formula magica aiuta ad esercitare un potere che, ad esempio, nel contesto religioso è rivolto agli dèi, ed è capace di costringere la loro volontà . C’è nello sfondo l’idea dello scambio: «Da’ a me, io darò a te. Metti a mia disposizione e io metterò a tua disposizione» . Una formula, per essere magica, deve però essere precisa. La preghiera dunque altro non è che una sorta di formula magica «destinata a colmare l’abisso tra l’uomo e Dio» . Così una messa, che in quanto cerimonia deve seguire formule precise, è una messinscena, cioè un rito utile a colmare quell’abisso, e il canto, che è parte di quel rito, è l’espressione della magia capace di colmare la distanza tra umano e divino. Ascoltare il concerto di una meravigliosa voce è così affacciarsi a quell’incantesimo.

Il canto invisibile, viaggio al termine della notte

Infatti il canto interpreta l’invisibile. È come se la voce, in quanto cantata, fosse “fatta” di sostanza divina, come fosse il fiato di Dio, che è fiato creatore, quel contatto con l’invisibile che rimane nel corpo della voce stessa, che non è corpo nella sostanza, ma nel significato. Uno dei motivi per cui il canto fa parte di numerosi riti antichi e moderni è il suo essere in grado di armonizzare le differenze. La voce cantata infatti, in quanto trasparenza, raggiunge tutte le persone e si adagia su ogni animo con effetti differenti.
Jim Morrison intonava: “Break on through to the other side”. Il tentativo è tuttora di sfondare la porta e, attraverso la voce della musica, abbracciare la magia del proprio presente. Il fine forse è semplicemente raggiungere ciò che è nascosto all’interno del nostro viaggio e, come suggerirebbe Céline, approdare così al “termine della notte”.

Note bibliografiche:
– A. Cavarero, A più voci, Milano, Feltrinelli, pag. 115-119
– Antonin Artaud, Il teatro e il suo doppio con altri scritti teatrali, Torino, Einaudi, 2000, p. 163
– Ernst Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, tr. Eraldo Arnaud, Scandicci (Fi), La Nuova Italia, 1988. Vol.II, p. 311


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