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“Spero che questo album possa essere un compagno per coloro che lo ascoltano, offrendo conforto, ispirazione e la consapevolezza che non siamo soli nelle nostre esperienze emotive. Con Alive voglio condividere la mia storia e toccare i cuori di coloro che ascoltano la mia musica.” Charlie Risso
Immaginate di esservi persi all’interno di un folto bosco e di non riuscire più a trovare la “diretta via”, circondati dal soffiare del vento tra i rami che lascia presagire qualcosa di nefasto e da un senso d’inquietudine che offusca la vostra vista. Questa natura presente, viva, ha al contempo un’aria inafferrabile, come se tutta la fauna non fosse materica ma immaginifica.
Strane presenze si avvertono tra le fronde degli alberi, nelle fessure dei tronchi e perfino nel sottosuolo; ombre di lupi, come proiettate da uno zootropio, girano intorno ai vostri occhi e volteggiano tra un abete e l’altro. Si tratta di un sogno? Un incubo forse? In verità questa realtà “altra” (uscita probabilmente da un’illustrazione di Arthur Rackham per le fiabe dei Grimm) non è altro che uno dei piani d’accesso all’universo musicale di Charlie Risso, cantautrice e musicista di origini genovesi dall’animo cosmopolita cresciuta musicalmente tra Milano e Londra.
Dopo il successo ottenuto con i suoi album precedenti, “Ruins of memories” (2019) e “Tornado” (2020), Charlie Risso ha dimostrato di saper mutare costantemente il corpo (non lo spirito) di quello che è il suo stile (ormai riconoscibile al primo colpo), solcando vette inesplorate oggigiorno nel panorama italiano. Il suo è un universo unico e solitario, in cui la dolcezza della sua voce fa da contraltare alle ombre che si annidano tra sonorità malinconiche dalle tinte scure.
Si tratta di un continuo passaggio dal buio alla luce (passando perfino in cerchi di fuoco), un viaggio verso stadi di elevazione interiore che bramano le montagne dello spirito (dall’aria scandinava) in cui, tra la nebbia, è possibile smarrire la pesante carcassa della materia, del superfluo. È attraverso l’EP “The light”, pubblicato a novembre 2022 con la produzione artistica di Federico Dragogna (Ministri), che qualcosa comincia a cambiare e a trasformarsi, manifestando un’anima dreampop che ben si sposa con l’elettronica, ridisegnando in questo modo l’aura folk di cui è permeata e che tutt’ora rimane la sua stella polare.
Il viaggio oltre la vita ritratto in “The light” preannuncia quel che sarà il successivo album: “Alive” (pubblicato il 26 aprile 2024 per l’etichetta tedesca T3 Records), un’opera costituita da 10 ballate folk-soul-blues dal suono elettrico in cui l’estetica lynchiana di Twin Peaks (che da sempre caratterizza la produzione di Charlie Risso) prende totalmente forma, regalando quella perfetta sensazione eterea in cui dialogano le tenebre della profonda notte e l’armonia radiosa della nuova luce; una luce che purifica (come una fontana sacra) dalle “oscure cadute nel buio” di cui scriveva Franco Battiato.
Attraverso “Alive” e le sue ballate, Charlie Risso ci porta a percorrere un viaggio nel mondo sottile in cui i fairies dominano quel chiamiamo tempo, mostrandoci immagini spaventose ed emozionanti, tra una ninna ninna da canto lunare e misticismo pop, tessendo un sottile filo rosso che unisce queste ultime due opere della musicista genovese, la cui chiave d’accesso è la sua voce fatata che incatena e seduce come una sirena o (meglio ancora) come una ninfa dal fascino sciamanico. Adesso posso affermare che le fate esistono e Charlie Risso ne è la prova.
L’intervista che segue è avvenuta prima dell’uscita di “Alive” in cui, tra i numerosi aneddoti, siamo riusciti ad accedere “Into the forest”, come recita il titolo di una canzone contenuta nell’Ep “The light”, fino ad approdare negli abissi della coscienza creativa della musicista che ci ha rivelato alcuni codici del suo universo, preannunciando il terreno su cui la sua ultima e meravigliosa opera si manifesta.
Sei reduce da numerosi concerti in lungo e in largo, frutto sicuramente del successo che hai ottenuto con i tuoi ultimi due lavori: l’album “Tornado” e l’EP “The light”. In quale momento pensi di trovarti?
Charlie Risso: Sento di essere in una fase di sliding doors in cui le cose possono prendere una piega importante, cosa che mi auguro accada, per via del lavoro svolto sull’ultimo progetto ma anche per la scrittura in inglese che sicuramente aiuta in un contesto internazionale. Sai benissimo quanto sia affezionata alla cultura musicale estera e quanto mi piacerebbe lavorare fuori, il che sarebbe l’ideale… mantenendo così la base nel nostro meraviglioso paese ma volgendo lo sguardo verso altre terre, altri mondi.
A proposito di collegamenti al di fuori dei confini nazionali, so di un’importante collaborazione con Hugo Race, il chitarrista del gruppo “Nick Cave and the Bad Seeds”…
Charlie Risso: Esatto, la cosa bella è che questa storia è nata per puro caso tramite i social. In un primo momento credevo addirittura che si trattasse di uno scherzo perché ha contattata proprio lui via Instagram; trovo che sia davvero bello questo ponte di “contatto”, perché il pensare che lui si trovava in Australia ed io a Genova mi fa immaginare una rete di comunicazione che rappresenta un’unica grande cosa proiettata al di là delle barriere territoriali.
È stata una vera sorpresa essere contattata da lui con l’invito di partecipazione ad una residenza artistica sul lago di Massaciùccoli, in uno studio di registrazione bellissimo che è la PMFA Massaciùccoli; un house boat galleggiante comandata dal capitano Nicola Baronti, produttore e proprietario dello studio “La Tana del Bianconiglio” dove sono passati anche artisti come Zen circus – Afterhours – Iosonouncane. Naturalmente, sapendo di dover scrivere per diversi giorni con Hugo Race che non conoscevo e che stimavo enormemente, avevo un po’ un di quel timore reverenziale proprio come quando a scuola non hai fatto i compiti e hai la coda di paglia perché avverti la tensione.
Volevo arrivare preparata a questo importante incontro, così ho elaborato due brani che sono contenuti nel prossimo disco e che ho proposto a lui a distanza, ancor prima di partecipare a questa residenza artistica, e quando ci siamo incontrati mi ha detto che li trovava bellissimi. Quindi il viaggio è cominciato così e poi è proseguito con la composizione dell’intero disco.
Quando è prevista l’uscita dell’album?
Charlie Risso: Mi auguro che possa uscire nei miei mesi preferiti che sono ottobre e novembre, quando ci si approccia al freddo ma ancora non si è totalmente avvolti dall’inquietudine che caratterizza gennaio. In realtà tutto dipende dall’etichetta e arrivata a questo punto auspico un certo riconoscimento del lavoro fatto e delle potenzialità che porta con sé.
Mi farebbe piacere se ci fosse una promozione adeguata dato che l’album contiene delle collaborazioni davvero importanti: da Roberto Dellera (bassista degli Afterhours) ad Her (violinista che vanta collaborazioni importanti, tra cui Franco Battiato) che in alcune tracce unisce la dolcezza del suo violino con la voce cupa e straordinaria di Hugo Race.
Poi voglio sottolineare il notevole contributo da parte di Robin Manzini che è il chitarrista residente nella mia band, Nicola Baronti che ha suonato diversi strumenti, Davide Zalasso (batterista degli Ozerik Tentacol), Rachid Bouchabla (bassista Ex Otago) che ha registrato delle primissime parti del disco al Green Fox Studio di Mattia Cuminotto (Meganoidi). Insomma, ci sono così tante belle energie che alimentano anche la carica che ci metto io dentro quest’album.
Il tuo percorso è stato fortificato da lunghi viaggi verso territori sconosciuti, anche attraverso la musica, che ti hanno permesso di sperimentare costantemente facendo maturare la tua arte. Cosa rappresenta per te il viaggio?
Charlie Risso: Il viaggio è sempre stato per me una delle fonti di gioia d’ispirazione e soprattutto di scambio. Mi nutro di fotografie, che per me sono come dei film, ed è risaputo che amo gli elementi naturali; infatti ho un sacco di piani b a cui vorrei dedicarmi e che riguardano l’ambiente, ad esempio potrei vivere in Svezia.
Sono sempre felice quando il viaggio, come in questa fase della mia vita, riesce a essere funzionale anche alla mia musica; siamo stati da poco a Londra a fare due date e mi sento davvero contenta quando accade tutto questo perché ho la possibilità di condividere con l’estero questo tipo di esperienze e assaporare quel che il mondo là fuori mi offre andando a vedere i concerti degli altri, i più bravi, così da alzare sempre l’asticella. Nella mia vita ho avuto la fortuna di viaggiare tantissimo, anche perché prima lavoravo molto come decoratrice e appena potevo compravo un biglietto per un aereo che mi portasse lontano, così ho fatto bellissimi viaggi: dall’America al Canada, passando per la Norvegia.
A pensarci bene mi accorgo di aver scelto sempre mete abbastanza alberate. Essendo molto suscettibile, molto sensibile, ho paura di viaggiare in paesi in cui potrei farmi carico di tante sofferenze; è vero anche che sono stata in Costa Rica e sono stata benissimo, ma perché un conto è la semplicità e un altro conto è lo strazio che la povertà porta con sé. Credo che in fondo si possono compiere grandi viaggi semplicemente con la propria testa, come ho fatto numerose volte e da cui ho tratto ispirazione per diverse canzoni.
Sono forme di rilassamento in cui si riesce a viaggiare stando fermi, anche perché noi esseri umani siamo davvero pieni di risorse, ad esempio “The light” nasce da una lettura de “La vita dopo la morte” scritto da Yogi Ramacharaka in cui l’approccio al tema delle esperienze di premorte avviene in una forma rilassata. Ho perso mia madre da piccola, aveva cinquantatré anni, e per me è stato il dolore più grande della mia vita; con lei avevo non solo un rapporto madre-figlia ma anche molto amicale perché poi amava estremamente la musica. Questo ha condizionato molto le mie scelte di vita e le mie riflessioni e sicuramente è un tema che accomuna tutti, al di là della religione.
Pensa che io sono cresciuta in maniera classica, ho fatto la scuola dalle suore, anche se col crescere mi sono resa conto che sì sono credente ma non tanto cattolica-praticante e non vado molto a messa, però attraverso la lettura di questo libro è possibile trovare un approccio che fa vivere la vita come ciò che descrive di essere: un momento di passaggio per raggiungere una dimensione che assomiglia molto al luogo in cui ci troviamo oggi… ed è una cosa che fa venire le lacrime agli occhi.
Quindi “The light” rappresenta il mio passaggio, anche e soprattutto metaforicamente, verso un cambiamento. È l’accorgersi del fatto che andando avanti si preferisce eliminare le cose futili per donarsi a quelle essenziali e a ciò che veramente rende felici, ad esempio frequentando le persone con cui ti guardi veramente negli occhi.
La tua musica ha una forte componente fiabesca e da la sensazione di essere immersa tra luce ed ombra, proprio come in un bosco fatato. Quale credi sia il punto d’incontro tra le visioni apollinee e le atmosfere dark che s’incontrano nel tuo mondo? La voce forse?
Charlie Risso: Ti direi lo spirito. Penso che la mia musica mi rispecchia caratterialmente, anche perché sono luce e ombra, cosa che forse siamo un po’ tutti in realtà; sono solare e penso di avere un’energia sana ma ho anche dei momenti che nascondo e sono quelli in cui mi blocco.
Ho questo mio mondo interiore fin da ragazzina e che ho tramutato in scrittura verso i diciott’anni, utilizzando la musica come modo di buttar fuori dei pensieri ed esorcizzarli attraverso il tratto dolce e rassicurante della mia voce. Mi piace l’idea che ci siano delle basi più cupe e che ci sia il tratto di una mano maschile nella produzione artistica, che in questo caso è Federico Dragogna (Ministri), il che si sposa benissimo come il Tao: il bianco e il nero.
Quindi penso che il punto d’incontro derivi sia dal carattere, da questi due aspetti contrapposti, e dall’unione tra suoni cupi a tinte forti e scure e la mia voce che si fa strada in questa oscurità. Tutto ciò è presente nell’ep e devo dire che i quattro brani che lo compongono sono tutti diversi tra loro ma hanno in comune questa dicotomia interna che li accomuna tra l’ombra, costituita dalle sonorità cupe, e dalla luce, come lo dimostra anche la copertina bianca. Poi nel prossimo disco ci saranno altri incontri tra luci ed ombre…
La tua è una voce estremamente evocativa. A tal proposito, che ruolo hanno i suoni nella creazione di immagini in quella sospensione del tempo che è la musica?
Charlie Risso: I suoni sono fondamentali. Trovo molto interessante la commistione tra sonorità che possono provenire da un’epoca passata come il glockenspeil, il cui suono fa venire in mente il mondo fiabesco dei fratelli Grimm, e synth contemporanei. Inoltre oggi si hanno talmente tanti “ingredienti” a disposizione che bisogna semplicemente saper scegliere quelli giusti e saperli unire. Poi non sono una che ricerca la moda o le cose furbette a tutti i costi, quindi anche il piano atemporale a cui fai riferimento è dovuto ad una libertà musicale che fortunatamente mi permette di dare la sensazione di non essere catalogabile ad un tempo o ad un periodo storico particolarmente preciso.
Verso quale meta, interiore e artistica, sei proiettata adesso?
Charlie Risso: Guarda, è talmente tutto istintivo che mi riesce difficile rispondere a questa domanda. C’è però un aspetto meraviglioso che mi fa sperare: la musica non conosce età, per cui finché vivrò non credo ci sia fine alla mia creazione musicale.
Ascolta ALIVE di Charlie Risso
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