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Neuroni specchio e il canto…
“Nella mente degli altri” Neuroni specchio e comportamento sociale
Autore: Giacomo Rizzolatti (Autore), Lisa Vozza (Autore)
Editore: Zanichelli; 2° edizione (1 gennaio 2020)
Lingua: Italiano
Copertina flessibile: 160 pagine
“Tenere conto di questi meccanismi inediti può essere utile a sviluppare metodi innovativi per l’insegnamento della musica e delle materie artistiche” tratto da “Nella mente degli altri”
Giacomo Rizzolatti
Avete presente quando vi fanno la fatidica domanda sul canto: “ma tu, da quanto tempo canti?”
Ecco quando lo chiedono a me resto sempre un po’ spiazzata perché quantificare il tempo implica dargli un inizio e non faccio parte della categoria di quelli che con sicurezza rispondono “da sempre!”.
Da piccina ammetto di avere avuto una forte curiosità nei confronti della voce, ma non da subito per il canto e la didattica.
Ricordo che all’età di 7/8 anni imitavo alla perfezione i “jingle” di tutto ciò che sentivo: spot radiofonici, pubblicità televisive e perfino gli annunci dei treni alle stazioni.
Li conoscevo tutti e più i timbri erano distanti dal mio più mi divertivo a “ingrossare” la voce per riuscire ad imitarli.
Crescendo ovviamente il mio ventaglio di imitazioni si ampliava introducendo le imitazioni di amici o parenti e debuttavo in genere a cene di famiglia.
Mentre i miei cuginetti salivano in piedi sulla sedia per recitare la poesia, o il canto di natale, io avevo il mio ingresso in scena con l’imitazione della nonna con tanto di fazzoletto avvolto intorno al capo per rendere ancora più accattivante l’esibizione. Il mio vero cavallo di battaglia era “Giacomino”, un amico di mio padre, molto magro ma con una voce che da piccola mi sembrava molto più grande della sua stazza.
Crescendo mi sono avvicinata al canto e al suo mondo di emozioni in maniera passiva, circa durante il periodo delle scuole medie.
Il canto libero come è nato?
Il tutto iniziò quando mia sorella, più grande di me di qualche anno, iniziò a prendere lezioni di canto da un’insegnante a Milano.
Abitando in periferia, ricordo che al sabato si usciva presto e spesso mi infilavo in macchina con mio padre che la accompagnava alla lezione, giusto per fare “il giretto”.
Arrivati a destinazione un giorno chiesi se potevo restare ad ascoltare la lezione per pura curiosità.
L’aula era molto grande e la lezione si svolgeva su un palco.
Mi mettevo infondo ad una fila di sedie da unica spettatrice, ascoltavo ma non capivo granché di quello che dicevano tecnicamente.
Mi incuriosiva quel mondo di didattica del canto e così le volte in cui mi infilavo in macchina divennero sempre di più, fino a che non iniziai a portare un quadernino dove ogni tanto disegnavo e ogni tanto scrivevo degli appunti della lezione.
Neuroni specchio nello studio del canto
Prima di prendere in mano un microfono ed esprimere le mie emozioni attraverso il canto, passarono almeno 3 o 4 anni.
In prima superiore avevo dato vita ad un progetto radiofonico scolastico in podcast registrati, dove raccontavo di album e artisti emergenti che partecipavano a festival del luogo oppure scovati nel mondo del web.
Da li a poco mi lanciai formando una band pop-rock scolastica dove ne ero la voce principale.Non mi ero mai approcciata alla didattica del canto ma ogni tanto mi saltavano in mente i ricordi di quegli appunti presi inconsciamente alle lezioni di mia sorella.
Ad oggi sono certa che lo stimolo e la curiosità per il canto, il volerne saperne di più abbiano avuto come miccia proprio quel quaderno scarabocchiato, portandomi dentro al viaggio di scoperta del canto, della didattica e delle emozioni che tutt’ora percorro.
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