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Classificazione timbrica o Fotografia sonora?

Oggi cercheremo di entrare nella grande macroarea della classificazione timbrica e, per farlo, partirò dalla mia esperienza.

Come sono stato classificato, cosa mi ha portato e cosa mi ha smosso la classificazione timbrica?
Inizierò con un primo quesito: perché classificare?
La classificazione timbrica può servire per dare una chiara inquadratura del timbro vocale all’interno di un repertorio o di uno stile o comunque un luogo in cui poterci dire chi siamo. Questo può avere aspetti positivi e aspetti negativi, che affronterò portando la linea di pensiero che ritengo per me più corretta possibile, sia come insegnante di canto in aula, sia per come rispondo ai vari quesiti che incontro nella rete. 

Ogni persona classifica a suo modo in base all’esperienza e al proprio orecchio, esistono poi delle classificazioni timbriche legate all’anatomia e alla conformazione fisica, alla fisiologia che ognuno di noi ha e che ci rende unici.
Nel mio percorso di vita sono stato classificato in modi diversi, prima come baritono, ad un certo punto come tenore, quindi baritenore, per tornare nuovamente baritono. Ho affrontato questi cambiamenti e la persona che avevo di fronte mi classificava indicandomi anche i repertori da cantare, questo però mi ha portato confusione, al punto da farmi fermare, non condividendo questa valutazione principalmente soggettiva.
Su questo argomento dovremmo porci delle domande per andare a definire chi abbiamo di fronte non tanto classificandolo ma fotografandolo. A differenza di una classificazione timbrica , la fotografia sonora è uno «scatto dinamico», è un qualcosa che muta nel tempo e che si può portare nella relazione e nel dialogo con il discente in un modo più chiaro e più oggettivo.
Nella narrazione di questo grande capitolo “Fotografare il suono vocale” cercheremo di metterci a confronto ed è per questo che chiedo anche le vostre opinioni, e narreremo grazie alla mia storia come didatta ma prima di tutto come artista, affinché chi abbiamo di fronte possa comprendere come guardarsi. Credo realmente che il suono si possa guardare, basta avere la voglia di fotografarsi e di entrare nel dettaglio avendo però la costanza di eseguire moltissimi scatti nel tempo: nel momento in cui nasco come cantante, nel momento in cui sto crescendo come cantante, nel momento in cui si è all’apice del proprio canto e cogliere  anche quel momento in cui ci si trova nella parte senile del canto.
Personalmente vedo il canto come strumento non tanto di stile, ma di espressione, di comunicazione, uno strumento che definisce la comunità e che, nel tempo, ha permesso all’uomo di poter essere così, un cantore della propria vita.

Allora ti aspetto all’interno di Siing.net per affrontare insieme i prossimi capitoli:

    • Le 4 fotografie del suono cantato 
    • Siamo acuti o bassi oppure medi ?
    • Quanto è importante l’intensità come valore interpretativo?
    • Lungo o corto? Questo è il dilemma…
    • Ogni suono a un suo colore e una sua sfumatura
    • Le zone sonore, luoghi esplorati ed inesplorati della nostra voce

 

 

Albert Hera

Albert Hera, cantante e sperimentatore vocale ama definirsi un narratore di suoni. Ideatore di Siing Network e di Siing Magazine porta avanti questa grande risorsa con passione ed energia.

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