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Intervista allo straordinario etnomusicologo Trần Quang Hải

Intervista Tran Quang Hai

Teatro La Corte Genova 2 Maggio 2002

Trần Quang Hải_voce artistica
Foto tratta dal convegno la voce artistica

Riporto qui di seguito qualcosa di veramente unico.  Oggi la scienza ha percorso molta strada nel campo anatomico fisiologico, prendete e leggete questa intervista quindi come reperto storico dove un ricercatore passionale come Tran ha consegnato tutta la sua vita per comprendere ma soprattutto comprendersi.
Buona lettura
Albert


 

Leggendo nel suo sito e alcune e-mail giunte a noi, ci domandavamo per quale ragione ci sono studiosi che ritengono la sua conoscenza dello stile Kargyraa errata. Può spiegarcelo?

Ritengono la mia conoscenza non corretta, perché io canto diversamente. È vero o no che tutte le strade portano a Roma? Per esempio creano il suono in un certo modo (esempio sonoro) e io lo creo in modo differente (esempio sonoro).

Sono le aritinoidi a creare la voce patologica. Pensate alle persone malate di aretinoidi (mentre spiega, Tran quang invita Albert a toccargli la gola e a sentire le differenze che si creano parlando e cantando usando o non usando le aritinoidi).

Non si usano le corde vocali false, ma le aritinoidi. Grazie ad esse si ha un suono molto potente al di fuori.
Con questo canto, inoltre, si potrebbero avere molti risultati nella rieducazione della parola di quelle persone che non hanno più la voce.

Mentre le persone normalmente non parlano con le aritinoidi, io vi posso dimostrare di saperlo fare…Come fa Poppey di Braccio di ferro o Louis Amstrong: questi aveva persino i polipi! (canta come Louis Amstrong).
Se sai dov’è la parte che fa vibrare la tua voce puoi trasformarla. Pensate ai Monaci tibetani.
Molte persone sono convinte che essi preghino utilizzando i sub-armonici, ma non è vero.
Questi monaci pregano con la voce vera e cantano fino a 65-70 hertz.

A questo punto Tran Quang Hai spiega le differenze e modi di utilizzare le scale sugli armonici.

Esempio di scala diatonica e scala pentatonica quest’ultima utilizzata dai cantanti della Repubblica di Tuva.

Nel primo esempio la scala avviene per progressione fino all’armonico 12° nel secondo si omette l’armonico 11°. Poi evidenzia esempi sull’utilizzo del fiato e su come omettere la fondamentale spiegando che il segreto dell’omissione della fondamentale sta nell’apnea…..

Quali consigli darebbe a una persona che vuole avvicinarsi al canto e allo studio di esso sia nel modo tradizionale che armonico?

Nel canto tutto dipende da quello che si vuole fare. Se si vuole seguire il canto lirico, il canto classico, non bisogna occuparsi del canto difonico, perché quest’ultimo permette di sviluppare gli armonici, completamente estranei alla concezione armonica classica.

Introdurre gli armonici nella concezione classica equivarrebbe a rovinare la voce: non si devono cantare o scrivere note che non esistono nelle armoniche classiche.

Il canto difonico, invece, è molto utile per quelle persone che vogliono avere una voce più bella; si pensi agli istitutori, agli insegnanti, agli attori di teatro, ai politici, a quelle persone che non sanno parlare.
Bisogna lavorare per avere una voce che catturi l’attenzione e gli armonici sono un fantastico strumento.

Quanto per lei la tecnica è una componente fondamentale?

La tecnica del canto difonico mi permette di avere un controllo completo del mio corpo; mi permette di avere una concentrazione e soprattutto di ampliare la mia capacità di meditazione: la meditazione non è altro che fissarsi su una cosa senza pensare a niente altro.

Se voi provate a tenere un armonico fisso senza farlo vibrare otterrete la concentrazione.
Il canto difonico mi permette di raggiungere la giusta concentrazione nella mia meditazione.

Prima di un concerto è solito scaldare la voce oppure scaldare l’anima, magari con la meditazione?

Non ho bisogno di cantare, perché lo faccio già sul palcoscenico.
Prima di un concerto mi lascio andare al rilassamento, perché se si continua a cantare si rischia di infiammare le corde vocali e dopo non si riesce più a cantare in scena.

È molto importante lasciare riposare le corde vocali perché sono molto fragili.

Quanto tempo si allena al giorno?

Cinque minuti al giorno, perché il canto difonico non è come le altre tecniche vocali.
Dal momento che si gonfiano i muscoli vocali si sprecano molte energie ed è come se si cantasse per un’ora. Dunque, se ci si allenasse per molto tempo si rischierebbe di avere le corde infiammate con il rischio di parlare in modo afono.

Questo avviene perché le corde rimangono disunite. Le corde vocali non sono corde, ma muscoli: attualmente vengono chiamate, pieghe vocali.

Secondo lei, attualmente, in Europa, vi è una giusta interpretazione del canto di fonico o armonico?

Canto armonico, per me, non è affatto un buon termine, perché tutte le voci sono armoniche.
Senza gli armonici non avreste la voce: quando parlate avete gli armonici, altrimenti non uscirebbe suono.

C’è confusione nell’uso del termine perché si pensa ad armonici imposti: Dirigés.
Sull’uso di quest’ultimi non discuto perché ognuno fa le sue scelte.

Ognuno utilizza gli armonici come vuole, ma sul piano tecnico, acustico, curativo e soprattutto musicale, quando c’è una voce senza armonici non è più una voce: gli armonici sono suoni multipli del suono fondamentale.

Per questo motivo io parlo di canto difonico o multiplo e non di canto armonico.

Nella raccolta Le Voix Du Monde vengono esaminati diversi stili di canto, ad esempio quale, secondo lei, risulta essere il più interessante dal punto di vista etimologico e dal punto di vista artistico?

Tutto dipende dalla preferenza che una persona ha. Intendo dire che non si può discutere né di gusto, né di colori.

Non si può discutere, perché c’è una vocazione, una direzione. Non c’è un canto superiore o migliore di un altro; ma c’è una diversità delle tecniche vocali, una diversità delle tradizioni musicali ed è grazie a questi aspetti che si costruisce la ricchezza musicale.

Vi faccio un esempio. Pensate a un giardino e a un fiore in particolare…la rosa…secondo voi il più bel fiore del mondo. Ora, immaginate che nel vostro giardino abbiate piantato solo alberelli di rose…che cosa provereste? Molto probabilmente, ad un certo punto, vi accorgereste che, circondati solo da roseti, la vostra dedizione a questo fiore si sta perdendo a poco a poco.

Ma, al contrario, immaginate il vostro giardino completamente rinnovato dalle più svariate specie di fiori… non solo rose, ma lillà, pronus, anche erba gramigna…che cosa provate ora?

Questo giardino è un paesaggio e, in esso, ogni fiore, erba, albero mostra il proprio fascino, la propria bellezza, la propria caratteristica.

Qual è il viso del vostro giardino? E le rose?

Quale importanza svolge la casualità e l’improvvisazione nei suoi concerti?

L’improvvisazione è molto importante, perché dona ricchezza.

Improvvisare non significa, però, fare qualsiasi cosa. È necessario pensare in anticipo.
Io faccio un plan di improvvisazione e segno questo al primo posto; quest’altro al secondo posto e così via.

Bisogna essere liberi nella disciplina, non nell’anarchia dove è possibile ogni cosa e non c’è una concezione. L’improvvisazione ha un tema: datemi un tema del canto difonico e cinque minuti per produrre e io creerò un determinato lavoro; datemi lo stesso tema e un’ora e vi creerò un altro lavoro…

L’improvvisazione in scena dura in media cinque minuti e nell’arco di quel tempo a mia disposizione devo creare un lavoro completo, cioè costituito da un inizio, un centro e una conclusione.

È importante che ci sia una conclusione quando si improvvisa: altrimenti è come se facessi un ritratto e disegnassi un corpo senza gambe.

Nell’arco di cinque minuti devo riuscire a disegnare una caricatura che suggerisca l’idea di un’immagine chiara, di un ritratto appunto.

Ma se avete tempo, fate un vero ritratto e disegnate per mesi e mesi: il risultato sarà stupefacente.Nelle esibizioni, tutto dipende dal tempo imposto da qualcun altro e dalle regole musicali.
Per esempio, se improvvisate sul DO maggiore, non potete mettere un accordo minore, perché altrimenti non rispettereste la regola.

Bisogna, quindi, rimanere in un determinato quadro. Pensate a una piscina. Potete nuotare come volete, a stile libero, a dorso, a farfalla, sott’acqua… ma non lasciate la piscina! Il quadro d’improvvisazione in quel caso è costituito dalla piscina.

In quale modo si rapporta alla musica classica, così severa nelle regole?

La mia formazione è classica. Ho studiato violino per dodici anni; ho suonato Paganini in un’orchestra da camera.

La mia formazione al Conservatorio mi ha insegnato la disciplina da adottare nel mio lavoro. Poi, alla disciplina, ho aggiunto lo spirito: non mi sono limitato a copiare, ma ho messo lo spirito di questa disciplina nei miei studi di musica tradizionale.

Bisogna ispirarsi allo spirito di qualcosa di bello per applicare nelle altre tradizioni, escludendo il rischio di copiare solamente.

L’aspetto più importante è la nozione compatibile e incompatibile. La nozione compatibile, ad esempio, per il gruppo sanguigno: se avete 0, metterete 0; io ho A, metterò quindi A oppure 0, ma non potrò mai mettere B e così via.

Lo stesso atteggiamento avviene per la tradizione: se mettete delle cose simili vicine ad altre, voi arricchite la tradizione; ma se mettete delle cose incompatibili, distruggerete la tradizione.

Per esempio, nella musica vietnamita non abbiamo la polifonia, ma c’è la melodia; non abbiamo la concezione nel senso verticale, ma una concezione eterofonica.

Questo vuol dire che ogni strumento crea una melodia e non suona esattamente le stesse note insieme agli altri strumenti.

Ha mai pensato di cambiare direzione? Se sì, in quale periodo della sua vita?

Verso gli anni Settanta ho scoperto che vi erano altre ricchezze della voce.

Prima avevo appreso il canto corale, il bel canto, il canto lirico, l’opera di Pechino, l’opera giapponese; avevo fatto jazz, la voce basso…

Quando ho scoperto il canto difonico ho lasciato perdere tutto, perché in una vita non si può fare tutto. Grazie al canto difonico ho avuto la possibilità di lavorare sulla produzione energetica.

Secondo lei, gli armonici possono essere utilizzati al fine curativo (musicoterapia)?
Che cosa pensa, appunto, della musicoterapia?

Sì, nella musicoterapica e in altre terapie, soprattutto per curare le persone che sono timide. Le persone che parlano di gola, quelle che non riescono a far uscire la voce.

La voce riflette il profilo psicologico di una persona: una voce molto dolce che non esce dalla gola è sintomo di una persona che ha molti problemi. In questo caso, bisogna lavorare per aumentare le frequenze per avere una voce sicura: è un lavoro di rieducazione, un lavoro terapico.

Con il canto difonico, io faccio L’a b c de rodà .
Un mio amico che ha collaborato a questo progetto, oggi si trova a Montreal, in Canada, e continua a utilizzare la bocca e gli armonici come espressione artistica: nessuno canta; una bocca fa uscire un suono e un’altra lo riceve.

Ha mai avuto durante la sua esistenza un momento di sconforto a livello artistico? Se sì, come l’ha superato?

Sì, tutti gli artisti hanno dei momenti difficili, perché si ha un blocco, non si trova un modo per andare avanti, non si riesce più a progredire e si rimane sempre allo stesso punto.
C’è stato un momento per me in cui non volevo più continuare e volevo lasciare perdere tutto.

A poco a poco però sono ritornato a fare concerti, perché prima di essere ricercatore, ero stato un musicista professionista e in trentasette anni avevo dato almeno tremila concerti.

Sulla scena suono quindici strumenti come musicista professionista e sono compositore di musica e di musica elettroacustica. Ho depositato seicento canzoni.

Che cosa pensa di Demetrio Stratos?

Aveva imparato da me nel 1977 in Francia. Venne da me con un impresario che mi disse che il maestro Demetrio Stratos voleva apprendere le mie tecniche di canto.

Rimase con me per due ore e imparò tutto.
Dopodiché, tornato in Italia, utilizzò gli esercizi appresi per le sue ricerche personali.

Grazie Maestro per averci concesso il suo tempo prima del suo concerto.
Spero un giorno di poterla incontrare e magari cantare insieme.


Trần Quang Hải_Tran Quang HaiDopo alcuni anni Trần Quang Hải ed io ci ritrovammo in un luogo come Alberone di Cento dove finalmente cantammo insieme, e dal quel momento la nostra amicizia visse fino all’ultimo giorno della sua vita terrena, datata il 28 Dicembre del 2021.
Grazie Maestro per quello che mi hai trasmesso ed insegnato, grazie per tutto quello che hai lasciato a noi con la tua grande semplicità e voglia di condivide.

Ascolta i clip audio dell’intervista con Trần Quang Hải

Leggi anche l’articolo: Le consonanti nel canto: strumento di ricerca creativa

3 Commenti

  1. Grazie per questo articolo sul grande artista e Maestro. Essendo attrice e voiceover-artist vorrei apprendere il canto difonico per arricchire la mia voce.
    Confesso di aver tentato anni fa con un breve corso, ma di non aver capito niente. Inoltre, molte cose non venivano spiegate. Avrei bisogno di un consiglio su come procedere, e a chi rivolgermi per imparare. Grazie

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