Canto popolare e tradizione: nuove vie di memoria

Canto popolare e tradizione italiana: reinterpretare e trasmettere la memoria collettiva tra presente e futuro Diario di bordo: 06 Giugno...
Canto popolare e tradizione

Canto popolare e tradizione italiana: reinterpretare e trasmettere la memoria collettiva tra presente e futuro

Diario di bordo: 06 Giugno 2025 ore 5.12

Ieri, 5 giugno 2025, ho vissuto una giornata indimenticabile: ho condotto la prima sessione del laboratorio di improvvisazione corale nell’ambito della manifestazione 👉 “Voci in Ascolto” a San Vito dei Normanni.

Tre ore intense, immerse nella creatività e nella condivisione, che consiglio a chiunque, sia che ami la tradizione del canto popolare sia che ne sia semplicemente curioso.

Durante il laboratorio, abbiamo dato il via a una riflessione collettiva sul significato della parola “tradizione”. A un certo punto, ho chiesto a tutti di mettere su carta cosa rappresentasse per loro questo termine.

La notte, come spesso accade quando mi ritrovo solo con i miei pensieri, il Signor Canto mi ha svegliato con una domanda:

“Perché chiedi agli altri di scrivere cosa sia per loro la tradizione, senza lasciare traccia del tuo pensiero?”.

E, come sempre, non posso che dargli ragione.

Così, lasciandomi guidare dal flusso dei pensieri, mi sono alzato dal letto, mi sono avvicinato al computer e ho iniziato a scrivere. Ecco che nasce questa riflessione, che ora condivido con te.

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Canto popolare e tradizione: un valore riscoperto

La tradizione, per me, è come una fotografia che non ho mai scattato, ma che ogni giorno porto con me. Non è un’immagine cristallizzata, né una verità che posso afferrare fino in fondo. Spesso mi chiedo se ciò che oggi chiamo tradizione sia davvero quello che penso sia, o se sia solo un’eco di qualcosa che qualcuno, prima di me, ha voluto custodire e trasmettere.

Non lo so con certezza, e forse è proprio questo mistero a renderla viva.

Cammino tra le memorie di chi mi ha preceduto e mi accorgo che la tradizione non ha bisogno di essere fermata, né contemplata come una reliquia dietro una teca di vetro.

Non serve separare chi la vuole cambiare da chi la vuole preservare intatta, perché la sua forza sta proprio nella capacità di trasformarsi, di seguire il flusso del tempo senza lasciarsi travolgere.

La tradizione non è un punto fermo, ma un movimento continuo, un’onda che si adatta alla forma della spiaggia senza perdere la propria essenza.

Credo che la tradizione nasca dalla volontà di lasciare una traccia, di immaginare che ciò che facciamo sia indispensabile per essere sempre più noi stessi lungo un cammino che non conosciamo fino in fondo. Quando porto alla luce un canto antico, quando ripeto un rito o una storia, non faccio altro che proiettare nel presente una parte di me, filtrata attraverso il tempo e la memoria.

Mantenere una tradizione ferma, immobile, significa secondo me non comprendere il tempo.
Significa non accorgersi che, se non la aiutiamo oggi, rischia di scomparire tra le pieghe dell’oblio.

Esiste un inquinamento ambientale, ma esiste anche un inquinamento della memoria, della cultura: tutto ciò che è vecchio viene spesso considerato superfluo, privo di valore.

Eppure, la tradizione ci chiede di essere nutrita, di essere raccontata, di essere vissuta.

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La responsabilità generazionale

 

Come possiamo alimentare un canto tradizionale oggi?
Come possiamo raggiungere le nuove generazioni?

 

Non posso cambiare il corso della tradizione, non posso essere il suo unico detentore. La vera conservazione sta nel cambiare il modo in cui la trasmettiamo, nel non ancorarci a verità che non conosciamo fino in fondo.

Qualcuno, nel tempo, ha dato forma a quella tradizione, ha aggiunto la propria prospettiva, il proprio esempio di crescita.


Dobbiamo fare lo stesso: non essere rigidi, ma forti nella convinzione che non siamo proprietari di nulla.

Siamo solo messaggeri di qualcosa che, pur essendo sicuro e radicato, è in continuo movimento.

Cambiare paradigma: la sfida della creatività

Oggi, però, ci troviamo di fronte a una sfida nuova: le nuove generazioni si stanno allontanando sempre più da ciò che chiamiamo tradizione, ancor di più se parliamo di canto.

La memoria collettiva rischia di essere soffocata da ritmi sempre più frenetici, da linguaggi nuovi e da modelli di comunicazione che sembrano non lasciare spazio alle voci del passato.

Il nostro compito, allora, non si limita più solo a salvaguardare ciò che ci è stato lasciato, ma diventa quello di costruire nuove vie di trasmissione, di rendere viva ogni azione e ogni pensiero legato alla tradizione.

Cambiare paradigma significa riconoscere che la tradizione non può essere semplicemente ripetuta o conservata in modo autentico.

Dobbiamo trovare il coraggio di reinventare i modi in cui la trasmettiamo, di avvicinarla al mondo contemporaneo, di renderla attraente e significativa per chi oggi fatica a riconoscervi un valore.

Questo non vuol dire snaturarla, ma arricchirla con nuove prospettive, nuovi linguaggi, nuove forme di condivisione.

La tradizione del canto come luce orientativa

La tradizione, allora, non è solo una luce che ci aiuta a guardare avanti: è anche una sfida che ci chiede di essere creativi, di saper “guardare oltre” per far sì che il canto popolare continui a risuonare nelle piazze, nelle scuole, nelle case e nei cuori delle persone.

Dobbiamo essere capaci di raccontare storie che parlino a tutti, di coinvolgere i giovani, di ascoltare le loro voci e di farle entrare a far parte del grande coro della tradizione.

La vera forza della tradizione sta nella capacità di trasformarsi e di adattarsi, ma anche nella nostra volontà di costruire insieme nuove strade per trasmetterla.

Solo così potremo garantirne la sopravvivenza, rendendola non solo un patrimonio del passato, ma una risorsa viva e preziosa per il notro futuro.

Leggi anche l’articolo: Il canto popolare della Cabilia

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    Albert Hera

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