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Cara Violeta, il carico prezioso della tua esistenza lo stanno portando via cavalli alati, sempre più su, fino a perdersi tra le nubi. Mentre qui, sulla terra e la sua volgarità, un filo di sangue scorre dalla tua tempia fino a toccare il pavimento, il pavimento di terra. Di questa terra che tanto hai amato e tanto hai difeso con la tua chitarra e il tuo canto, ostinata e risoluta. Terra e sangue. La Madre Terra. Sorelle di sangue, ora finalmente insieme. Sia fatta la tua volontà.
Tuo figlio Ángel.
Il 5 ottobre 1967, a Santiago del Cile, Violeta Parra – poetessa, cantante, pittrice, compositrice e ricercatrice – si suicidava con un colpo di pistola. Non aveva ancora compiuto 50 anni. Violeta si congedava così da un’esistenza intensa e sofferta, piena di passione e di gioia, ma anche di dolore e fatica.
Gracias a la vida: la canzone immortale
Il suo ringraziamento alla Vita, che le aveva dato davvero tanto ma tanto le aveva anche tolto, è affidato a uno degli ultimi brani da lei composti poco prima di morire, forse il più conosciuto: Gracias a la vida.
Nata il 4 ottobre 1917 a San Carlos da una famiglia modesta, aveva iniziato prestissimo a lavorare insieme ai fratelli più piccoli come lavapiatti o pulendo tombe nei cimiteri, suonando la chitarra ereditata dal padre maestro di musica per racimolare qualche moneta.
Sua madre Clara diceva sempre: “È la più intelligente di tutti i miei figli, non a caso è nata con due denti”.
E la giovane Violeta dimostrava di esserlo davvero, dedicandosi con passione a recuperare il folklore cileno: le musiche, le storie e le tradizioni di un patrimonio popolare che rischiava di scomparire.
Violeta Parra e la Nueva Canción chilena
Viaggiando in lungo e in largo per il Cile, Violeta raccoglieva storie, canti popolari, danze e rituali. Diceva di voler “dissotterrare il folklore” e trasformava quelle memorie in canzoni che parlavano di protesta, amore, denuncia sociale e satira politica.
Il figlio Ángel raccontava che nei momenti di ispirazione, annunciati come “la nuvoletta”, nessuno poteva disturbarla: da lì nascevano veri temporali di emozione e musica.
La sua intensa attività la portò a festival internazionali e all’esposizione dei suoi famosi arazzi e dipinti al Louvre nel 1964, prima donna latinoamericana a riuscirci.
Ma la Vita non risparmiò a Violeta un dolore devastante: la morte della figlia Rosita Clara. A lei dedicò una delle sue più celebri canzoni, Rin del Angelito.
La parabola continuò con un grande sogno incompiuto: il centro culturale La Carpa de la Reina, fallito per scarsa partecipazione. E con una ferita insanabile: l’abbandono dell’amato Gilbert Favre, il suo “Run Run”. Poco dopo, compose Run Run se fue pa’l norte, segnata dalla disperazione.
La mattina del 5 ottobre 1967, Violeta Parra scelse di lasciare la Vita, quella stessa Vita che aveva cantato, amato, denunciato e ringraziato.
Fonti: Violeta Parra è andata in cielo – Ángel Parra – Prefazione di Luis Sepúlveda
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