La melodia e la canzone
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Qual’è il ruolo della melodia in una canzone?
In un momento storico in cui sembra che il ritmo abbia preso il sopravvento sulla melodia, viene da chiedersi quale ruolo quest’ultima abbia nelle canzoni. Inutile dire che capita quotidianamente a ognuno di noi di avere in testa e di intonare una melodia che ci piace, che abbiamo nella nostra memoria o semplicemente che abbiamo carpito fortuitamente alla radio o in un particolare contesto. Se nel cantare scappano alla memoria alcune parole, ciò che non sfugge è certamente la melodia.
Nel canto ad essa si aggiunge il testo che veicola un messaggio, assente invece nella musica strumentale che fa leva su altri aspetti comunicativi. Questa osservazione, consente di affermare che la melodia da sola identifica un brano qualsiasi. Ce lo ricorda il gioco musicale televisivo “Sarrabanda” nel quale in un frammento melodico di pochi secondi il concorrente riusciva a riconoscere il brano e a pronunciarne il titolo! Ogni elemento presente in un pezzo musicale ha una funzione precisa sia sul piano compositivo, sia su quello emotivo, sia per l’esecutore sia per l’ascoltatore, ma la melodia rimane l’elemento principale e la carta d’identità di un brano.
Quando si canta a cappella o si suona uno strumento melodico, non si è sorretti dall’armonia. Quest’ultima infatti può essere assente e, quando presente, variata grazie a sostituzioni di accordi che suggeriscono particolari “ambienti”. L’arrangiamento può addirittura caratterizzare il genere (pop, popolare, jazz, blues, funky ecc), ma non inficiare il riconoscimento del brano stesso se la melodia non è stata toccata.
Nonostante questa osservazione, è curioso sapere che spesso l’input per la scrittura di una canzone viene dato da una concatenazione di accordi e da una idea ritmica che possono rimanere o perdersi nell’esecuzione definitiva. Questo però è un argomento che compete più la scrittura.
L’involuzione della melodia
La melodia che ha sempre caratterizzato la canzone, soprattutto in Italia a partire dal bel canto, nel corso della storia ha subito un’involuzione sia nella composizione sia nell’interpretazione vocale. Se mettiamo a confronto un’aria lirica con una canzone dei primi decenni del Novecento per es. “Parlami d’amore Mariù” o “Vivere” interpretate rispettivamente da Vittorio De Sica e da Tito Shipa, troviamo molte affinità, ma se la stessa la confrontiamo con un brano contemporaneo ci rendiamo conto che l’aspetto melodico è stato ridotto al minimo.
Si assiste, oggi, addirittura ad una contrazione e frammentazione melodica e testuale date sia dall’idea compositiva, sia dall’interpretazione. Si arriva addirittura a fiati che interrompono la parola o a spostamenti d’accento all’interno della stessa che a volte compromettono anche la comprensione del testo. “m%n” di Tha Supreme ne è un esempio.
Quando sia avvenuto questo cambiamento è difficile stabilirlo. Certamente la musica d’autore ha avuto la sua parte privilegiando il testo rispetto alla melodia. In brani come “Bocca di rosa”, De Andrè quasi parla e non ha la necessità di far emergere la voce, note lunghe e legate. La contrazione espositiva e melodica emerge soprattutto nelle strofe che ruotano attorno a poche note spesso ribattute. Anche i ritornelli, che aprono melodicamente di più, vengono cantati con “misura”.
Non va dimenticata l’influenza del rap con il suo stile ibrido tra discorso, prosa e canto che si muovono su un fraseggio sincopato. A questo punto si intrecciano diversi aspetti e si aprono diverse considerazioni sia sugli elementi che caratterizzano un genere musicale sia sull’interpretazione in generale.
La stessa canzone può essere arrangiata e spostata in un contesto musicale definito all’interno di un determinato genere, e può anche essere interpretata in modo più classico, cantando, e in modo più “asciutto” vicino al parlato. Motivo per cui, ognuno di noi, nel momento in cui ascolta un brano, seleziona anche la versione che predilige soprattutto quando si tratta di un pezzo che ha cavalcato la storia.
Il ritmo ha sopraffatto la melodia?
Affermare che attualmente il ritmo ha preso il sopravvento sulla melodia potrebbe essere riduttivo e forse anche una generalizzazione. Tuttavia, ciò che ascolta attualmente la maggior parte dei giovani può indurci a pensarlo. “Brivido” di Gue Pequeno, “La mia parte intollerante” di Caparezza, “BRNBQ” di Sfera Ebbasta, “Dende” di Ghali, “Zoo de Roma” di Noyz Narcos, “Capo” di Geolier rendono evidente tali considerazioni. L’urgenza di comunicare il testo prende il sopravvento e ben si accompagna alla pulsazione ritmica dell’arrangiamento. Altri brani come “Barrio” di Mahmood, “H24” di Lazza, “Mare di notte” di Clementino, “Ho scelto me” di Rocco Hunt, “Crazy Love” di Marracash, “Kumite” di Salmo, preservano la melodia anche se ad un primo ascolto non sempre la si percepisce.
Vien da chiedersi perché e come cambi la percezione e definizione degli elementi che compongono un brano. Si tratta probabilmente di equilibri tra le parti. La melodia può dispiegarsi con un andamento stretto o largo oppure su una maggiore o minore estensione. Tuttavia non può prescindere dal ritmo che è in essa intrinseco ed è uno degli elementi sul quale essa si sviluppa e si identifica. Lo dimostra il fatto che se si cambia semplicemente la durata di qualche nota emerge un’altra melodia. Note ribattute vicine tra loro e corte aumentano il senso ritmico quasi ad annullare gli intervalli, note lunghe e su una scala o intervalli più ampi rafforzano invece la percezione melodica.
Allo stesso tempo il ritmo suggerito dall’arrangiamento cattura l’attenzione e stimola il movimento corporeo e la partecipazione fisica di chi ascolta. Ci si sposta quindi, sia trattando la melodia, sia il ritmo, su un piano percettivo psico-emotivo e corporeo che ha bisogno di una trattazione a parte.
Ascoltando Adele, Ed Sheeran, Lady Gaga, ed infiniti altri interpreti di successo internazionale o, rimanendo più semplicemente nel territorio italiano, Elisa, Laura Pausini, Tiromancino, Negramaro, Ermal Meta e tantissimi altri viene da chiedersi se sia davvero lecito affermare che il ritmo abbia soppiantato la melodia. Lo stesso, se pensiamo che nel mondo il bel canto ancora spopola, ne sono esempi Bocelli e il Volo. Si tratta quindi di stili e generi rivolti a fette di mercato diversi oltre che scelte di gusto. Considerazioni di questo tipo tengono viva la discussione critica musicale che non può essere svincolata dal suo contesto culturale e sociale.
È naturale chiedersi in quale direzione andrà la musica, tuttavia, al di là delle molteplici analisi e osservazioni, ciò che possiamo con certezza affermare è che la melodia rimane ciò che identifica la canzone e la consacra nel tempo. Vale la pena preservarla!
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