Giuseppe Vecchi: Musicologo, Filologia e AMS

Giuseppe Vecchi: Il Musicologo e la sua Missione Giuseppe Vecchi (1912-2007) è universalmente riconosciuto come uno dei più importanti musicologi...
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Giuseppe Vecchi: Il Musicologo e la sua Missione

Giuseppe Vecchi (1912-2007) è universalmente riconosciuto come uno dei più importanti musicologi italiani del XX secolo. La sua vasta opera di ricerca e la sua influenza istituzionale hanno lasciato un segno indelebile nello studio della musica medievale e rinascimentale, in particolare per quanto riguarda la rivalutazione della tradizione polifonica autoctona italiana.

La carriera accademica di Vecchi fu profondamente legata all’Università di Bologna, dove iniziò come professore straordinario nel 1957, assumendo la cattedra di Storia della Musica nel 1958 e diventando professore ordinario nel 1960. La sua importanza non risiede solo nella mole della sua produzione scientifica, raccolta in parte nei sei volumi di “Dulce melos” pubblicati dall’A.M.I.S. di Bologna dal 1972 al 1999, ma anche nel suo peculiare approccio metodologico.

Filologia musicale e approccio interdisciplinare

Ciò che distingue il lavoro di Giuseppe Vecchi è la sua robusta formazione interdisciplinare, che gli permise di affrontare la musicologia con un approccio filologico rigoroso. Vecchi si laureò in Lettere nel 1939 e in Filosofia nel 1941, avendo come maestri figure di spicco quali Carlo Calcaterra e Ugo Sesini. Questa doppia competenza umanistica — Letteratura e Filosofia — fu fondamentale per sviluppare una metodologia di ricerca che non si limitava all’analisi puramente musicale.

L’approccio metodologico di Vecchi divenne un modello per le generazioni successive di studiosi. Egli riuscì a coniugare una rigorosa analisi filologica delle fonti con una profonda comprensione delle pratiche esecutive storiche. Questo metodo si rivelò essenziale per affrontare lo studio complesso della polifonia italiana primitiva, una tradizione spesso trascurata o interpretata attraverso lenti esterne.

Istituzioni musicologiche Bologna e A.M.I.S.

L’eredità di Vecchi a Bologna non è solo scientifica, ma anche istituzionale. La sua missione accademica andò oltre la cattedra, portandolo a fondare e dirigere enti culturali vitali per lo sviluppo degli studi musicologici in Italia.

A lui si deve la creazione di diverse istituzioni fondamentali, tra cui:

  • La Scuola di perfezionamento in musicologia
  • L’Istituto di studi musicali e teatrali (I.M.E.T.)
  • L’associazione A.M.I.S. (Antiquae musicae italicae studiosi), che, come accennato, curò la pubblicazione dei suoi lavori scientifici

Inoltre, Vecchi diede vita a importanti riviste specializzate, come “Quadrivium” e “Subsidia musica veneta”. Attraverso queste piattaforme, Vecchi promosse la diffusione e il dibattito sulla musica antica, contribuendo in maniera significativa alla nascita e al consolidamento di una vera e propria scuola italiana di studi sulla polifonia medievale.

Musicologia medievale e cantus planus binatim

La missione centrale della ricerca di Vecchi fu la rivalutazione del ruolo dell’Italia nella storia della polifonia europea. Per anni, gli studi avevano privilegiato le complesse elaborazioni contrappuntistiche delle scuole francesi, come San Marziale e Notre Dame, relegando la produzione italiana a un ruolo marginale o derivativo. Vecchi, tuttavia, attraverso la sua metodologia basata sull’analisi delle fonti manoscritte italiane, dimostrò l’esistenza di una tradizione autoctona che si era sviluppata parallelamente e in modo indipendente rispetto ai modelli francesi.

Questa profonda indagine culminò nello studio fondamentale intitolato “Teoresi e prassi del canto a due voci in Italia nel Duecento e nel primo Trecento”. Questo lavoro, pubblicato negli atti del secondo convegno internazionale “L’Ars Nova italiana del Trecento” tenutosi a Certaldo nel 1970, non fu una semplice disamina storica, ma una vera e propria rilettura critica che gettò le basi per una nuova interpretazione della polifonia italiana primitiva.

Con tale studio, Vecchi si prefisse di definire le caratteristiche di una pratica musicale che chiamò “cantus planus binatim”. Il suo contributo scientifico aprì nuove prospettive di ricerca sulla polifonia italiana medievale, evidenziando come la tradizione del canto a due voci, nella sua semplicità, avesse costituito una tradizione preparatoria fondamentale per le successive elaborazioni dell’Ars Nova italiana del Trecento. Il lavoro di Vecchi, inserendosi in un più ampio dibattito che coinvolgeva studiosi come Alberto Gallo e Agostino Ziino, ha definitivamente stabilito il cantus planus binatim come un importante laboratorio per lo sviluppo delle tecniche contrappuntistiche che avrebbero definito il Trecento italiano.

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