#10 Il canto invisibile

Ogni volta che mi fermo a riflettere sul suono, mi accorgo di quanto sia sfuggente e misterioso. È un fenomeno...
il canto invisibile

Ogni volta che mi fermo a riflettere sul suono,
mi accorgo di quanto sia sfuggente e misterioso.
È un fenomeno che sembra abitare uno spazio
intermedio tra il tangibile e l’intangibile,
tra ciò che possiamo misurare e ciò che possiamo
solo sentire.
Il suono, in fondo, non è mai solo oggetto:
è esperienza, è vibrazione che ci attraversa,
è vita che si manifesta.
Mi piace pensarlo come una sorta
di “vagito rotondo dell’essere”
un’espressione che non delimita,
ma espande, creando connessioni
tra il dentro e il fuori, tra il corpo e lo spirito.In questo momento mi trovo a ragionare sulla voce.
Non quella che semplicemente parla, ma quella che canta.
Cantare è qualcosa di diverso dal comunicare:
è un atto che trascende la parola e si fa corpo sonoro.
Quando canto o ascolto qualcuno cantare
percepisco una materialità della voce
che va oltre il significato.
È come se il suono diventasse una forma
di rivelazione: non risolve nulla, non spiega, ma mostra.

E forse è proprio questo il suo mistero più grande.

Mi affascina l’idea che il suono non sia solo
qualcosa da controllare o analizzare,
ma qualcosa da accogliere.

Cantare diventa allora una pratica filosofica,
un esercizio per abbandonare il giudizio
e ritrovare una connessione autentica
con noi stessi e con gli altri.

Mi torna in mente una frase esopressa in una mia lezione:

“Ciò che senti del tuo suono cantato narra la bellezza della la tua vita”.

Tale frase mi invita a pensare sempre al suono
come specchio della mia interiorità,
come qualcosa che non devo forzare o manipolare,
ma semplicemente vivere.
E poi c’è la musica. La musica ha questa capacità
unica di trasformare l’attesa in presenza,
di creare uno spazio in cui tutto sembra
sospeso e al tempo stesso intensamente reale.
È un ponte tra mondi tra il pensiero e l’emozione,
tra l’estetica e la corporeità.

Forse è proprio qui che filosofia e musica
si incontrano: entrambe ci portano oltre
ciò che conosciamo, verso un altrove che
non possiamo spiegare ma solo sperimentare.

Scrivere queste parole questa mattina presto
mi fa sentire come se stessi cercando di trattenere
l’acqua con le mani: il suono sfugge sempre un po’,
ma proprio per questo continua ad affascinarmi.

Buona giornata
Albert

 


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    Albert Hera

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