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Towards a Dialogical Musical Polyphony: Contributions from Solo Singing Performance
Pubblicato 2025
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La Polifonia Rivisitata: Bachtin e la Musica Vocale Contemporanea
Michail Bachtin, noto per la sua teoria del romanzo polifonico, definì la polifonia come l’interazione di voci autonome e indipendenti in un’opera letteraria, un concetto radicato nella musica medievale. Un articolo pubblicato su Bakhtiniana (2025) rilegge questa idea, proponendo un dialogo circolare: partendo dalle origini musicali del termine, Bachtin lo applicò alla letteratura, e oggi la ricerca lo riporta alla musica, in particolare al repertorio vocale solista contemporaneo. Questo studio non solo amplia il concetto di polifonia, ma lo trasforma in uno strumento analitico e creativo per compositori e interpreti, rivelando nuove stratificazioni di significato nella performance.
Bachtin: dalle Radici Musicali alla Letteratura (Andata e Ritorno)
Bachtin mutuò il termine “polifonia” dalla pratica musicale medievale, dove indicava la sovrapposizione di linee vocali indipendenti. Nella sua teoria, diventò una metafora per descrivere la coesistenza di prospettive multiple nei romanzi di Dostoevskij, dove personaggi e idee si confrontano senza che una voce domini sulle altre. L’articolo ripercorre questo percorso, evidenziando come la polifonia possa essere riattivata in ambito musicale, soprattutto in opere che sfidano le convenzioni del canto solista.
La domanda centrale è: come tradurre la pluralità di voci bachtiniana in una performance affidata a un solo cantante? La risposta si articola in tre strategie, esemplificate attraverso opere del Novecento e contemporanee.
Le Tre Strategie della Polifonia Vocale
1. Molteplicità di Testi: La Voce come Crocevia Culturale
La prima strategia prevede la giustapposizione o sovrapposizione di testi diversi in un’unica esecuzione. Un esempio è Duas distâncias (2007) del compositore brasiliano Silvio Ferraz, per voce femminile e due chitarre.
Qui convivono frammenti in portoghese moderno e antico, latino medievale e greco bizantino, creando un dialogo tra epoche e lingue. La voce diventa un medium che attiva risonanze storiche, mentre le chitarre tessono trame ritmiche e armoniche che amplificano le tensioni testuali.
Questa tecnica richiama i motetti medievali, dove testi sacri e profani si intrecciavano, ma con una differenza cruciale: nella musica contemporanea, la polifonia testuale non è solo struttura, ma strumento di critica culturale. L’interprete, in questo contesto, deve navigare tra registri linguistici e emotivi contrastanti, trasformando la performance in un atto di decostruzione e ricomposizione del senso.
2. Molteplicità di Ruoli: La Voce come Teatro in Miniatura
La seconda strategia consiste nell’assegnare al cantante più ruoli o voci interne, spesso in conflitto tra loro. Un caso emblematico è il Barbarasong da Mahagonny di Brecht e Weill (1927), dove la protagonista incarna sia la vittima che il coro che la giudica, oscillando tra disperazione e ironia. Questa tecnica ha radici nel teatro greco (dove un attore interpretava più personaggi) e nei Lieder romantici, ma qui raggiunge un’intensità nuova, grazie all’uso di registri vocali contrastanti e microvariazioni timbriche.
L’articolo sottolinea come questa polifonia di ruoli non sia mera virtuosismo, ma uno strumento per esplorare identità fluide e contraddittorie, specchio della complessità psicologica moderna.
3. Molteplicità di Azioni: La Voce oltre il Canto
La terza strategia, la più radicale, dissolve il confine tra canto, suono e gesto.
L’esempio principe è la Sequenza III (1965) di Luciano Berio, composta per la mezzosoprano Cathy Berberian. In questo brano, la voce non si limita a cantare: sussurra, ride, gorgheggia, imita strumenti, respira con affanno e si interrompe in silenzi carichi di tensione.
Ogni gesto vocale diventa un “personaggio” autonomo, in un flusso caotico che evoca il monologo interiore del teatro dell’assurdo.
Berio trasforma il corpo del cantante in un campo di battaglia di azioni contrastanti, dove la polifonia non è più solo testuale o di ruolo, ma esistenziale.
La performance richiede all’interprete un controllo estremo sulla tecnica e una profonda consapevolezza drammaturgica, per bilanciare precisione e spontaneità.
Implicazioni per la Composizione e l’Interpretazione
L’articolo dimostra che la polifonia bachtiniana, riletta in chiave musicale, offre un modello per decifrare opere complesse e sperimentali. Per i compositori, queste strategie aprono nuove possibilità:
Integrare testi multilivello, attivando dialoghi interculturali.
Sfruttare la versatilità vocale per rappresentare conflitti interiori.
Trasformare la performance in un’esperienza multisensoriale, dove suono e movimento si fondono.
Per gli interpreti, la sfida è duplice: padroneggiare tecniche vocali ibride (dal bel canto al parlato) e sviluppare una “regia interiore” che organizzi i molteplici piani dell’opera.
Come nota l’autore, in brani come Sequenza III, il cantante deve essere simultaneamente esecutore, attore e direttore di se stesso.
Oltre la Musica: Una Prospettiva Interdisciplinare
La rilettura proposta ha implicazioni oltre l’ambito musicale. In letteratura, ad esempio, può illuminare opere moderne che giocano con la sovrapposizione di voci e generi (pensiamo a Finnegans Wake di Joyce o alla poesia di Zanzotto). Nel teatro, offre strumenti per analizzare monologhi che incarnano conflitti sociali o psicologici attraverso variazioni vocali.
Inoltre, questa visione polifonica risuona con temi contemporanei come l’ibridazione culturale, l’identità fluida e la crisi della comunicazione lineare. In un’epoca dominata dalla simultaneità digitale, la musica vocale diventa metafora di una realtà in cui molteplici narrative coesistono e collidono.
L’articolo ribadisce che la polifonia, nelle sue tre declinazioni, non è una tecnica tra le altre, ma un paradigma estetico e filosofico. Per Bachtin, essa rappresentava una risposta all’autoritarismo del monologo, e oggi, applicata alla musica, diventa strumento di resistenza contro ogni forma di omologazione.
Opere come quelle di Ferraz e Berio dimostrano che la voce umana, nella sua capacità di essere molteplice, contraddittoria e trasformativa, rimane uno dei medium più potenti per esplorare la complessità del reale. In questo senso, la polifonia bachtiniana non è solo un retaggio del passato, ma una mappa per navigare il futuro della creazione artistica.
Parole chiave: Polifonia, Bachtin, musica contemporanea, voce, performance.
Destinatari: Musicologi, interpreti, studiosi di letteratura e teatro, compositori.
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