Canto polifonico: origini e la sua straordinaria evoluzione

Articolo scritto per Siing Magazine Volume 1 dal Prof. Alessio Surian Dal 2002 il Centro Internazionale di Ricerca per la...
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Articolo scritto per Siing Magazine Volume 1 dal Prof. Alessio Surian

Dal 2002 il Centro Internazionale di Ricerca per la Polifonia Tradizionale di Tbilisi (IRCTP) organizza un simposio biennale che mette in luce le ricerche più recenti sul canto polifonico.
Il Conservatorio di Stato Vano Sarajishvili di Tbilisi è tra gli organizzatori e aiuta a pubblicare gli atti del simposio (bilingue e disponibili sia on line sia in formato cartaceo).
A partire dalla quinta edizione del simposio, gli atti sono stati pubblicati anche con audio e video dimostrativi.

Fin dagli anni ‘80, Joseph Jordania è stato fra i protagonisti degli studi di etnomusicologia ed, anno dopo anno, ha arricchito la conoscenza di questa disciplina.
È nato in Georgia, dove è stato nominato professore al Dipartimento di Musica Tradizionale della Georgia al Conservatorio di Stato di Tbilisi.

Ha avuto un  ruolo  importante  nella organizzazione della conferenza del 1984 “Problemi della Polifonia Folk”, cui sono seguite una serie di conferenze internazionali  biennali  (1984,  1986, 1988, 1998, 2000) e, successivamente, i Simposi IRCTP).

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Nella sua carriera professionale si è trasferito in Australia dove è membro onorario del Conservatorio di Musica di Melbourne, centro dell’Università di Melbourne.
Oltre a numerose pubblicazioni scientifiche, il suo lavoro più importante sul canto polifonico è “Choral Singing in Human Culture and Evolution” (Il canto corale nella cultura e nell’evoluzione umana, Lambert Academic Publisher, 2015) dove ipotizza una funzione importante del canto polifonico nel contesto delle relazioni tra esseri umani e animali predatori in situazioni di conflitto. Ha condotto studi sul campo in diverse regioni del mondo, collaborando con ricercatori locali per indagini approfondite di etnomusicologia (“deep regional studies”), attente agli universali in musica.

La teoria di Joseph Jordania su polifonia e selezione naturale

AS:Come descriveresti il ruolo dei deep regional studies in etnomusicologia?

JJ: Senza dubbio, il ruolo dei deep regional studies è assolutamente cruciale in Etnomusicologia.
Naturalmente, molti lettori sono interessati alle “grandi” domande, su come si è evoluta la musica, o come si sono formate le scale musicali, oppure come il ritmo, o il canto polifonico corale, o gli strumenti si sono sviluppati, ma dobbiamo ricordare che nessuna di queste “grandi domande” può trovare risposte senza fare riferimento agli studi locali di migliaia di culture nei vari continenti del nostro pianeta.

AS: In che modo gli studi di Malkhaz Abdushelishvili e Valeri Alekseyev hanno contribuito ai tuoi lavori?

JJ:  È  inestimabile  l’importanza  che questi due studiosi hanno avuto, non solo per i miei lavori, ma anche per la mia crescita come ricercatore. All’inizio degli anni ‘80 avevo appena cominciato ad uscire dai confini dell’etnomusicologia, e la prima scoperta significativa che feci fu l’affascinante correlazione tra la distribuzione della polifonia vocale e i dati dell’antropologia fisica.

Non era solo un argomento nuovo, ma anche molto pericoloso (dal punto di vista politico). Così volli parlare con antropologi fisici e in Unione Sovietica i due grandi nomi erano Valeri Alekseyev in Russia e Malkhaz Abdushelishvili in Georgia.
Erano, se è possibile, un po’ come John Lennon e Paul McCartney, grandissimi amici a livello personale e, allo stesso tempo, grandissimi rivali.
Così, quando andai ad incontrare prima Abdushelishvili, e poi Alekseyev, il mio entusiasmo avrebbe potuto venire logorato dai loro commenti critici.
Invece, le loro risposte furono positive al punto che io mi sentii tra le nuvole.

Sfortunatamente, nel 1991 Alekseyev morì prematuramente, all’età di 62 anni, mentre stavamo discutendo argomenti su cui lavoravamo insieme, e Abdushelishvili morì pochi anni dopo, nel 1998. Abdushelishvili mi confidò che, con la morte di Alekseyev, aveva perso “non solo un grande amico, ma anche un collega per cui io stavo scrivendo i miei articoli e libri”.

Ho dedicato il mio libro del 2006, “Who asked the First Question? Origins of Human Choral Singing, Intelligence, Language and Speech” alla memoria di questi due meravigliosi studiosi ed esseri umani.

Le origini del canto corale

AS: Quali legami intercorrono tra le origini del canto corale e la storia dell’evoluzione umana, e cosa ti ha portato alla conclusione che la polifonia stia sparendo?

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JJ: Dobbiamo ricordare che per un lungo periodo si è creduto che il canto polifonico fosse il risultato di una evoluzione culturale dal canto monodico alla polifonia. Questa semplice trasformazione evolutiva sembrava così naturale ed evidente che, sorpendentemente, nessuno storico della musica aveva mai provato a formulare questa idea come teoria di studio.

Ma era semplice ed evidente proprio come per molti secoli era stata l’idea che la terra fosse al centro dell’Universo. Bruno Nettl, forse il più eminente etnomusicologo contemporaneo, scrisse nel 1961: “Non c’è cultura che non abbia musica monodica e, dato che ogni composizione polifonica deve consistere di strutture monodiche (indipendenti), possiamo presumere che in ogni cultura la monodia abbia preceduto la polifonia”. (“Polyphony in North American Indian music”. Musical Quarterly 47:354-362).
Io ho formulato una proposta diversa:
1. La polifonia non è stato il risultato di uno sviluppo culturale; è dipesa dall’azione potente delle forze della selezione naturale.
2. Le origini della polifonia vanno spostate dal IX secolo a.C., (come si credeva un tempo), a centinaia di migliaia e perfino milioni, di anni prima, quando le basi delle caratteristiche morfologiche e di comportamento dei nostri antenati si stavano progressivamente formando.
3. Il canto corale aveva come funzione principale quella di difendere gli umani dai predatori.
La precisa organizzazione ritmica del canto con il battito delle mani e dei piedi, metteva gli umani in uno stato mentale di “trance da battaglia”, in cui i partecipanti abbandonavano la loro identità personale, mettevano da parte l’abilità di pensare (o addirittura di fare domande), e seguivano ciecamente gli ordini, agendo per il bene del gruppo, trascurando completamente il dolore e il proteggere la propria persona.

Tutti gli eserciti del mondo usano ancora questo potere unificante del cantare e ballare insieme, una grande tradizione che ci viene dal passato!

  • Visto che cantare intervalli dissonanti (in particolare di seconda) produce un suono più tosto, attira l’attenzione degli umani e degli animali, e crea il cosiddetto “effetto beau geste” (facendo apparire un piccolo gruppo molto più grande), ho affermato che le tradizioni polifoniche delle regioni più isolate del mondo che sono ancora vive oggi (Aremai e Aba Tibetani, tribù montane della Papua Nuova Guinea, Nuristani dall’Afghanistan, tribù del Nord Vietnam, popoli indigeni del Nord del Giappone, abitanti delle montagne dei Balcani, e del Caucaso, e molti altri) siano i sopravvissuti e gli eredi di questa tradizione polifonica comune che gli umani hanno appreso dall’Africa circa due milioni di anni fa.
  • Infine, la mia proposta (formulata inizialmente come ipotesi), è che il numero delle culture tradizionali che praticano la polifonia stia diminuendo.
    Se guardiamo ai dati raccolti, la polifonia sta, lentamente e costantemente,   scomparendo. Si tratta di un processo lento, e occorreranno decine di migliaia di anni.
    Non ho qui lo spazio per discutere dove porteranno questi numeri. Nè per discutere la correlazione tra la polifonia e i dati sulla balbuzie, dislessia, o l’acquisizione della fonologia nei bambini in differenti parti del mondo.
    Le mie scoperte suggeriscono che lo sviluppo del parlato (non linguaggio) sia cominciato prima tra gli antenati di differenti popolazioni, e come risultato, nelle popolazioni in cui il parlato si è sviluppato prima, la polifonia si è persa gradualmente. In parallelo, l’incidenza di balbuzie e dislessia è più alta dove la polifonia è ancora presente (in Europa e, in particolare, nell’Africa Sub-Sahariana). L’acquisizione della fonologia è in genere posticipata in coloro che praticano la tradizione polifonica.
    In breve, oggi consideriamo la tradizione corale polifonica non come uno sviluppo culturale ma come un elemento cruciale nella storia evolutiva dell’uomo.
    Mi ha fatto piacere che Bruno Nettl abbia menzionato la mia teoria tra “le più grandi scoperte dell’etnomusicologia” nel suo articolo del 2015.

AS:Quali sono le specificità del canto polifonico corale e le similarità tra le differenti aree geografiche?

JJ: C’è una caratteristica simile molto interessante: consultando la mappa della distribuzione della polifonia corale, si nota subito la presenzadella polifonia nelle zone più isolatee difficili da raggiungere – catene montuose elevate, isole (ancora meglio sulle montagne di un’isola!), grandi foreste, deserti e ai margini dei continenti.

Se parliamo delle caratteristiche della polifonia nelle varie regioni del mondo, possiamo menzionare un paio di regioni importanti e le loro caratteristiche: nell’Africa Sub-Sahariana, la polifonia si basa maggiormente su movimenti paralleli delle voci (le loro frasi tonali portano a linee melodiche simili), ma nelle sezioni dove non ci sono parole, prevale la polifonia libera; i tuareg del deserto del Sahara hanno dei bordoni polifonici, come avviene in molti paesi europei; le più antiche armonie europee tendono ad avere molte dissonanze, ma come ho già detto, non possiamo dire che questa sia una caratteristica esclusiva della tradizione europea.

La Polinesia e la Melanesia sono altre regioni importanti per la polifonia.
Infine, vorrei dire a chi sta leggendo che credo ci siano ancora tradizioni polifoniche di cui non sappiamo l’esistenza. Se siete interessati a trovarle, guardate la mappa, cercate il posto più difficile da raggiungere ed organizzate lì la vostra ricerca sul campo.

AS: Come descriveresti lo sviluppo della polifonia europea classica in questo contesto?

JJ: La tradizione europea classica comincia come musica cristiana, e siccome la cristianità proviene dalle monodie del Medio Oriente, anche l’inizio della musica cristiana era monodica.

Oggi siamo certi che, mentre le prime chiese cristiane permettevano solo canti monodici, molti popoli europei cantavano ancora, fuori dalla chiesa i loro antichi canti polifonici e le loro canzoni dissonanti.

La polifonia ha poi penetrato la chiesa, ma le dissonanze sono state proibite come “musica del diavolo”, con regole precise per l’uso delle dissonanze. La consonanza era “di Dio” ed era politicamente pericoloso usare dissonanze… Addirittura, c’è stato un periodo in cui la terza minore era considerata una dissonanza, ed una terza maggiore era considerata una consonanza.

Molti brani scritti in chiave minore finivano con una triade maggiore (sono molti gli esempi nelle composizioni di J.S.Bach). Era come una regola politica, un po’ come la politica del “lieto fine” di Hollywood…
Quindi, se l’antica musica tradizionale europea era polifonica e piena di dissonanze, la musica classica europea cominciò come tradizione monodica e in seguito divenne polifonica.

AS: Quali sono le affinità e le differenze tra le tue opinioni su questi argomenti e quelle di altri etnomusicologi attivi in questo campo?

JJ: All’inizio, le mie idee sono state trattate con molta diffidenza.
In Germania, in un’importante conferenza internazionale del 1991, dopo il mio intervento, ho notato che i colleghi erano reticenti perfino a parlarmi… Più tardi le mie idee hanno incontrato il sostegno di etnomusicologi ed esperti di polifonia (come Bruno Nettl e Simah Arom).

Gradualmente i miei libri hanno cominciato ad essere adottati da diverse università. Il mio libro del 2011 fu tradotto in giapponese e cinese, e, a Tokyo mi
è stato assegnato il maggior premio internazionale in etnomusicologia – il Premio Fumio Koizumi.

Vorrei citare un altro etnomusicologo, che (parallelamente al mio lavoro) stava pubblicando le sue tesi sul fatto che la polifonia vocale fosse un fenomeno molto antico. Questo ricercatore è lo statunitense Victor Grauer, rinomato collaboratore di Alan Lomax, molto conosciuto per il progetto Cantometrics. Abbiamo idee diverse sull’origine della polifonia, ma entrambi siamo sicuri che non sia di recente sviluppo.

Grauer si basa sulla recente teoria dell’origine africana dell’umanità che propone che gli antenati comuni di tutte le popolazioni umane provengano dall’Africa circa 100 mila anni fa, e crede che la presenza o assenza di polifonia possa essere attribuita alla catastrofe di Toba.

Per l’origine della polifonia, propone che gli esseri umani cominciarono a cantare in coro imitando gli stormi degli uccelli. Il mio modello si basa sulla “ipotesi multi- regionale” (preferisco il nome “Ancient African Origin” di cui ho discusso con Milford Wolpoff), e propongo che la polifonia sia stata un’importante parte del sistema di difesa dei nostri antenati. Per Grauer, la polifonia risale a circa 100.000 anni fa, ma per me, la polifonia ci ha accompagnato da molto più tempo, da circa 2 milioni di anni.

AS: Come ti hanno influenzato la Georgia come tuo paese di origine e l’Australia come nuovo Paese, nella tua ricerca e nelle tue intuizioni?

JJ: La Georgia è un paese “pazzo” per la polifonia: un paese in cui non si canta mai all’unisono, dove è stato creato l’International Research Centre for Traditional Polyphony. I miei principali interessi nell’ambito della ricerca hanno preso forma mentre abitavo in Georgia.
In Australia ho avuto a disposizione mezzi che la Georgia non mi poteva offrire. Mi ha dato la possibilità di compiere viaggi e di registrare molte tradizioni polifoniche diverse (per esempio in Tibet, Giappone Settentrionale, Corsica, Sardegna, India e Kenia) e di partecipare a numerose conferenze, non solo di tipo etnomusicologico: anche conferenze sui rapporti fra gli esseri umani e gli altri animali, e sull’evoluzione. Eccetto per il mio primo libro (pubblicato nel 1989), tutti gli altri miei libri sono stati scritti e pubblicati dopo essermi trasferito in Australia.

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