“Alma” – Il nuovo album di Chiara Stroia
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“Alma” – Il nuovo album di Chiara Stroia dal tramonto all’alba
Un tramonto in stile “La la land”, un’atmosfera sognante e avvolgente, una notte lunga che accoglie vari mondi, vari lingue, e ne formula un dialogo attraverso un linguaggio universale: la musica. Sono questi i temi che ci introducono nel nuovo album di Chiara Stroia dal titolo “Alma”, un disco che attraverso sonorità jazzistiche mescolate tra grammelot musicali e visioni multietniche riesce a catturare l’ascoltatore, il quale si ritrova in un viaggio che parte col calar della sera e tramonta coll’incedere di un alba. Un’alba che rappresenta (come l’intero album) l’anima della cantautrice che si mette a nudo mostrando un’interiorità tra la nostalgia e incanto.
Francesco Latilla: L’ultima volta che ti ho intervistato parlavamo del singolo “Upa Neguinho”, come hai vissuto la messa in onda del brano e che tipo di strada ha fatto?
Chiara Stroia: Sta facendo un bellissimo viaggio, anche perché è lo stesso che sto facendo anch’io. Devo dire che ho avuto un ottimo riscontro da parte di amici colleghi e persino da coloro che non avevano mai ascoltato la mia musica e che attraverso questo brano si sono interessati al resto delle mie canzoni, di tutto questo sono assolutamente contenta; poi ho avuto la possibilità di presentarlo a Rai radio 1 con Max De Tomassi che è un grande culture di musica brasiliana e quindi posso ritenermi più che soddisfatta del percorso che “Alma” sta compiendo in queste settimane.
Adesso invece è uscito l’album al cui interno vi è anche il singolo “Upa Neguinho”. Quale viaggio deve invece percorrere l’ascoltatore una volta entrato nell’album?
Chiara Stroia: per rispondere a questa domanda parto dal titolo, “Alma”, che significa “anima” e in effetti la volontà era sin dall’inizio quella di mettermi a nudo attraverso di esso e di poter mostrare una nuova veste che adesso mi rappresenta. Poi ognuno può interpretare il disco nella maniera più personale facendosi trasportare dal sound.
Ho notato che l’album ha delle sonorità che rievocano il tramonto che dà vita ad una notte calda e avvolgente che termina con la luce dell’alba. Quali sono le immagini che fuoriescono da quest’album e come le hai cercate?
Chiara Stroia: in effetti è stato un connubio che tu hai giustamente còlto e spero che colgano tutti gli ascoltatori. Sono partita da una precisa idea d’immagine anche perché è da un po’ di tempo che mi sono dedicata alla pittura e in effetti sia nel singolo “Upa Neguinho” che nell’album sono presenti alcune mie tele e in quella principale il colore prevalente è il blu, con le sue sfumature che vanno dal celeste all’azzurro più scuro; una scelta che deriva sicuramente dal fatto che mentre scrivevo i brani pensavo fortemente a quel colore ed è attraverso di esso che sono stata condotta a comporre brani di questa veste, brani legati alla spensieratezza nonostante siano presenti al loro interno anche tematiche come la saudade che è il fulcro di tutta la musica brasiliana. Saudade vuol dire nostalgia, un aspetto che per me era fondamentale, soprattutto perché volevo donare quel senso di nostalgia carica di pathos come quella che provo ogni volta che ascolto quelle sonorità brasiliane di cui parlavo e che mi hanno regalato molto sul piano emotivo.
Cos’è per te la nostalgia e che valore ha nel campo musicale?
Chiara Stroia: la nostalgia, nell’accezione positiva, mi permette di comporre. Molti dei brani che ho portato alla luce nel tempo sono legati a persone che sono state importanti nella mia vita e nel mio percorso artistico, molte delle quali adesso non ci sono più. Quindi penso che la nostalgia ci permetta di vivere il presente grazie al passato che abbiamo già vissuto.
La nostalgia può dare l’impressione di essere al centro di un punto che unisce passato presente e futuro in un solo attimo?
Chiara Stroia: assolutamente si. La musica, a prescindere dalla sua forza universale, è un linguaggio che permette a noi musicisti di esplorare il nostro mondo interno; è tramite essa che riconosciamo un musicista anche ad occhi chiusi ed è per questo che amo il jazz, perché è un genere i cui figli sono estremamente riconoscibili e distinguibili l’uno dall’altro… poi questo è il compito di ogni grande artista che, qualunque sia il genere, riesce a dialogare con la musica.
La musica è un linguaggio fatto di simboli. L’artista che ha a che fare con la musica fa continuamente un lavoro su sé stesso quando crea un’opera?
Chiara Stroia: sicuramente. In ogni caso, il primo step che fa nascere un’opera lo si deve ad una necessità interiore che uno ha di esternare e che quando si tramuta in arte si manifesta come qualcosa di importante per chi l’ha fatta. Sento di riuscire ad esprimermi attraverso la musica, questa necessità è data dal fatto che viviamo continuamente in una vita frenetica. Ad ogni modo posso dire che questo disco fotografa questo periodo della mia vita.
Ti è mai capitato di scoprire alcune tue corde interiori attraverso la musica?
Chiara Stroia: certo, non a caso il primo singolo che scrissi a diciotto anni s’intitola “Fragile” e in effetti è da lì che sono partita per costruire la mia identità che è tutt’ora in continua evoluzione con me (artisticamente e umanamente parlando) e quindi mi rendo conto che quando scrissi quel brano mi trovavo effettivamente in un periodo di fragilità perché era anche un momento di crescita, di prima percezione della vita adulta. Quindi, a proposito di quanto detto, spero di potermi riscoprire continuamente attraverso la musica.
Prima parlavi dei colori che caratterizzano le tue tele che danno forma all’album. Nei secoli ci sono stati numerosi autori che hai scritto pagine e pagine sull’importanza dei colori e della loro psicologia e del loro rapporto con la musica. Ci sono dei suoni “primari” che a loro volta ti suggeriscono dei colori su cui aggiungi tutto quel che porta infine alla nascita di un brano?
Chiara Stroia: sicuramente si. Per quanto riguarda quest’album posso dire che c’è stata la volontà di cercare quelli che sono gli accordi che uso più frequentemente ossia accordi maggiori settimi con l’aggiunta della nona, una nota che mi trasmette un senso di serenità e pace. Il tutto è collegato a quelli che sono stati i miei ascolti sin dalla gioventù, perché ho scoperto la musica brasiliana quando avevo sedici anni e da allora non l’ho mai abbandonata; m’innamorai subito della grande voce di Astrud Gilberto grazie ad un brano che nella versione inglese s’intitola “Gentle rain” e mi sono resa conto che quelle sonorità tornano puntualmente nella mia musica, anche dopo tutto questo tempo. La musica brasiliana mi ha sempre accompagnato, cosa che del resto ha fatto anche il colore giallo, un colore che lego sempre alla speranza. E con questo spero di aver risposto alla tua domanda.
L’immagine dell’alba assume l’immagine nostalgica di ciò che ancora non è arrivato?
Chiara Stroia: credo che ci sia un rancore per ciò che non è ancora arrivato, la nostalgia invece la lego a qualcosa che ho vissuto e che è rimasto indelebile nella mia memoria. L’alba, infine, la associo ad un nuovo inizio, a quella forza di volontà che ci fa andare avanti.
Senti di avere un’anima universale che abbraccia mondi differenti e al cui centro mette il suono?
Chiara Stroia: si, assolutamente si. Lotto quotidianamente per avere un’anima universale, nella musica ma anche nella vita.
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