Il racconto di una cantante jazz che ama la voce e il canto.
Ogni mattina mi chiedo chi sono, cosa faccio per me e quanto di quello che penso di aver fatto solo teoricamente riesca ad essere tangibile nella mia vita quotidiana.
Mi sveglio, faccio colazione e quando voglio stare in pace con il mondo chiedo ad Alexa di riprodurre casualmente brani di Frank Sinatra e penso chissà… chissà se in questo momento storico Frank avesse avuto la stessa fama che ha avuto in passato.
Questa domanda potremmo farla per tanti degli artisti jazz di quel periodo – Ella Fitzgerald, Billie Holiday – e non solo.
Parlare di generi musicali è sempre stato per me un tasto molto difficile perché sono stata abituata ( fortunatamente ) ad ascoltare la musica nella sua totalità e varietà dalla classica al jazz, dalla canzone napoletana al tango argentino.
Ritorno dunque a chiedermi ma “io chi sono? Cosa canto? Se qualcuno volesse mettere un mio disco alla Feltrinelli, su quale scaffale lo metterebbe?”ecco, è una domanda a cui difficilmente riesco a dare una risposta.
Per chi mi conosce e semplicemente per il percorso scolastico che ho fatto sono una cantante di jazz. Mi piace anche come “catalogazione” , questo perché spesso i cantanti di jazz sono quelli che conoscono meglio anche la musica, quelli che i musicisti dicono “viene a SUONARE con me” non a cantare ed è la soddisfazione piu grande che la vita ti possa regalare.
Il jazz però è un genere che amo l’ho sempre visto come una musica inclusiva, non razzista, che ha sempre accettato le contaminazioni dei periodi con cui ha avuto a che fare: con il blues, con la musica da ballo delle orchestre, con il rock e soprattutto con le tradizioni popolari dei vari paesi, cambiando così velocemente nome e diventando FADO, BOSSANOVA, GIPSY ecc…
Oggi se guardo i miei brani preferiti su Spotify posso dire di amare la buona musica e di continuare ad ascoltare ogni genere prediligendo le armonie jazz e le voci che cantano spesso comportandosi da strumento.
Mi è stato chiesto di raccontare il jazz con i miei occhi, occhi del XXI sec., di parlare del mio tempo e di come il jazz entra a far parte nelle mie giornate e quali sono i miei artisti contemporanei preferiti.
Il jazz di oggi è sicuramente un jazz più moderno, basti vedere artisti come Gerald Clayton, Robert Glasper, Esperanza Spalding quanto si avvicinano alla liricità della musica leggera ma allo stesso tempo rimarchino le armonie e le sonorità jazz nella loro meravigliosa complessità e semplicità allo stesso tempo.
Artisti come Avishai Cohen che riescono a creare un genere musicale non catalogabile data la presenza di molti generi insieme.
Soffermandomi sulla voce, posso dire che il panorama italiano vanta una grande vastità di artisti jazz che adoro, basti pensare a Maria Pia De Vito, Karima, Carolina Bubbico, Albert Hera, Mario Biondi e artisti italiani che sono andati nella grande mela a far sentire la loro voce come Laura Taglialatela, mia conterranea e grande artista o ancora Roberta Gambarini, ormai star del Jazz newyorkese.
Parlare di queste voci per me è come parlare di piccoli pezzetti della mia crescita musicale e personale. Averli conosciuti, aver passato del tempo con loro, dal vivo o tramite social, che ormai ci rende tutti più vicini, mi ha fatto capire ancor di più quanto siano artisti a tutto tondo nella vita come nella musica.
Spesso il lato musicale e personale sono complementari tra di loro, specialmente per la voce, la voce è lo specchio dell’anima e di questi artisti posso dire che seppure in piccolissima parte ho avuto il piacere di conoscerli, viverli e quindi apprezzare ancor di più il loro lavoro.
Ritornando a quello che dicevo prima, i primi cantanti di jazz sono diventati tali perché nati in quel periodo e perché vivevano la musica di quel periodo, in ognuno di questi artisti contemporanei e italiani che ho appena nominato posso dire che si sente si la musica del passato, ma anche tanto di nuovo, tanta ricerca.
Prima fra tutti, a mio gusto, Carolina Bubbico.
Un’artista a tutto tondo, cantante, pianista e devo dire anche persona meravigliosa ( che non fa mai male ! ). Il jazz lo ha reso divertente, avvicinandosi sempre all’innovazione e tirando fuori idee nuove e mai scontate, basti ascoltare il suo nuovo album “il dono dell’ubiquità”
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in cui il “sottofondo” delle armonie jazz viene arricchito da suoni elettronici senza mai dimenticare però la melodia, la voce, basti ascoltare il brano Amore Infinito, in cui le voci si intrecciano perfettamente con il ritmo e la semplicità di una chitarra.
Ogni brano ci porta in una dimensione diversa, un piccolo viaggio nella testa di quest’artista fantastica che consiglio assolutamente di ascoltare se non lo si è fatto ancora.
Carolina rispecchia perfettamente l’innovazione e la musica BELLA del XXI secolo.
Artisti come Maria Pia De Vito e Albert Hera, invece, sono l’anello di congiunzione con quello che è stato il passato e il nostro presente.
Due artisti molto diversi tra loro, eppure così simili. Una conoscenza sconfinata della musica, due eterni curiosi, alla ricerca sempre del nuovo e due persone che con la loro voce mi hanno insegnato ancor di più ad amare quello faccio e a non dimenticare mai che il canto è il modo più semplice di parlare alle persone.
Maria Pia ha sempre sperimentato con la sua voce, passando dalla musica medievale a quella indiana, dall’improvvisazione jazz alla canzone napoletana e nel 2020 propone questo nuovo album dedicato ai grandi songwriter americani come Paul Simon, Bob Dylan e Joni Mitchell, grande amore di Maria Pia. In questo disco si sente la maturità, la maturità di una donna che ha conosciuto il mondo musicale, lo ha ascoltato e ora tira le somme, presentando un disco davvero completo nella sua grande semplicità.
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Albert Hera è lo sperimentatore per eccellenza! Nel suo canto si può sentire l’Africa, l’America, la Scandinavia, il Portogallo. Un perfetto connubio tra i colori e i suoni caldi e freddi del mondo. Dalla prima volta che l’ho ascoltato me ne sono innamorata e il suo disco “Aria” rispecchia completamente questa sua duttilità, la sua totalità nel canto, dai brani lirici come “per-dono” alle sonorità tipiche della musica africana, in “Africanesimo” appunto, per arrivare al culmine di questo disco con “insieme”, il mio brano preferito, dove il sax tira fuori tutta la cantabilità di una voce.
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Raccontare delle voci per me è sempre qualcosa di molto complesso e sempre riduttivo, per ora però inizio a raccontarvi queste mie influenze per approfondire altro più avanti.
Vi aspetto alla prossima puntata!
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